Quello che
occorre è un’azione collettiva
per la tutela
della salute pubblica
Alla
pagina:
segnaliamo un interessante articolo di Cinzia
Tromba (redazione E&P) del 17 ottobre 2013 sui danni alla salute provocati
dall’inquinamento atmosferico.
Monografia n. 109 «Ambient air pollution».
La IARC conferma: gli inquinanti atmosferici causano il cancro del polmone
L’inquinamento atmosferico causa il cancro. Il cancro del
polmone. Di più: tra tutte le sostanze inquinanti disperse nell’aria che si
respira ogni giorno, le famigerate polveri sottili, PM2.5 e PM10 – proprio
quelle i cui sforamenti rispetto alle soglie stabilite rappresentano una triste
consuetudine nelle città italiane – sono cancerogene. Di sicuro per i polmoni.
E’ il verdetto pronunciato dalla IARC, l’Agenzia
internazionale per la ricerca sul cancro dell’OMS cui spetta il compito di
valutare il potenziale cancerogeno delle sostanze sospette analizzando gli
studi prodotti sull’argomento e prendendo in considerazione solo quelli più
solidi, in termini di metodi utilizzati, campione analizzato e robustezza dei
risultati.
«Esistono prove sufficienti (sufficient evidence) che
l’inquinamento atmosferico sia cancerogeno per gli esseri umani. L’inquinamento
atmosferico causa il cancro del polmone». E inoltre: «Esistono prove
sufficienti (sufficient evidence) che il particolato atmosferico sia
cancerogeno per gli esseri umani. Il particolato atmosferico causa il cancro
del polmone».
Con l’usuale linguaggio tecnico che contraddistingue i
propri Rapporti, la IARC ha lanciato una vera bomba annunciando questa mattina,
in conferenza stampa, le conclusioni contenute nella Monografia 109 dedicata
all’inquinamento atmosferico (Ambient air pollution). Da oggi, le sostanze
inquinanti sono dunque catalogate nel Gruppo 1 della classificazione IARC,
quello relativo ai cancerogeni certi per l’uomo.
Certo, non si tratta di un fulmine a ciel sereno. Si
conferma infatti quanto anticipato sempre più spesso, nel corso degli anni, da
un gran numero di ricerche condotte nei diversi continenti (ultimo, in ordine
di tempo, lo studio europeo ESCAPE pubblicato lo scorso
mese di luglio). Si tratta tuttavia di una conferma cruciale, perché frutto di
un ampio e approfondito lavoro di analisi delle centinaia di studi pubblicati
sull’argomento condotto dai maggiori esperti a livello mondiale. E perché
certificata dall’istituzione più autorevole in materia a livello mondiale, quella
che all’interno dell’OMS si occupa di studio e ricerca sul cancro.
Perché due valutazioni separate?
Il rapporto IARC riporta due valutazioni distinte: una per
l’insieme degli inquinanti atmosferici e una, specifica, per il particolato.
Perché? Spiega Dana Loomis, vicedirettore della Sezione Monografie della IARC:
“L’inquinamento atmosferico è una miscela complessa di sostanze e gas e il
particolato (PM), per la sua ubiquità viene di norma utilizzato come indicatore
di inquinamento. Ma, siccome i PM, tra tutte le sostanze presenti in questa
miscela, sono quelle per le quali è disponibile la maggior messe di dati, per
loro abbiamo potuto fornire un valutazione indipendente. Ciò non significa
comuque” chiarisce Loomis “che siano le più cancerogene, solo che sono le più
studiate”.
Niente limiti di sicurezza, anche i non fumatori sono a
rischio
Nel percorso di analisi che li ha portati a stabilire la
cancerogenicità degli inquinanti atmosferici gli esperti hanno confermato anche
altri aspetti. Per esempio, che il rischio di contrarre il cancro del polmone
aumenta in maniera costante con l’incremento del livello di esposizione. Come
peraltro affermato dallo studio ESCAPE, in cui si dimostra l’esistenza di una
relazione lineare tra concentrazione del particolato e rischio di cancro e come
tale rischio persista anche al di sotto delle soglie stabilite dalle normative
vigenti in Europa. Ma non solo. Si documenta infatti che il rischio di cancro
polmonare non risparmia certo i non fumatori: su di loro, infatti, l’inquinamento
agisce come il fumo passivo. Come dire: per tutelare i propri polmoni non basta tenersi alla
larga da sigarette e tabagisti se si vive, per esempio, in pianura padana.
O a Pechino. O a Città del Messico.
E gli altri organi?
Nel processo di valutazione della letteratura gli esperti
convenuti a Lione hanno analizzato la possibilità che gli inquinanti
atmosferici possano essere cancerogeni anche per altri organi, oltre ai
polmoni. E sono giunti alla conclusione che il rischio esiste per la vescica: benché
le prove a sostegno in questo caso siano più deboli, “limitate”, si può
correttamente parlare di associazione positiva tra inquinanti e cancro della
vescica (“A positive association has been observed for cancer of the urinary
bladder”). Non hanno invece reperito prove adeguate per sostenere l’esistenza
di un coinvolgimento degli inquinanti ambientali nell’insorgenza del cancro
della mammella, della leucemia e dei linfomi. Notano comunque «deboli
associazioni con le leucemie infantili (soprattutto la leucemia linfoblastica
acuta)» che, per quanto al momento non supportate da sufficienti prove, «non
possono essere ignorate».
La palla ora passa alla sanità pubblica
La IARC ha lanciato una vera bomba. Una bomba che sta ora
ai governi e alle istituzioni, nazionali e internazionali, che si occupano di
tutelare la salute pubblica, disinnescare. Perché da ora in avanti sarà più
difficile tollerare “sforamenti” delle soglie previste dalle normative. Anzi,
occorre adeguare da subito queste normative se è vero, come è vero, che per
quanto riguarda le polveri più sottili (PM2.5) la normativa europea, per
esempio, prevede limiti (25 µg/m3) ben al di sopra di quanto
raccomandato, da diversi anni ormai, dalla stessa OMS (10 µg/m3). E
c’è da sperare che il tutto non passi nel dimenticatoio come è accaduto nel
giugno 2012, quando la classificazione come cancerogene per gli esseri umani
delle esalazioni dei motori diesel non ha sortito grandi reazioni, almeno in
Italia.
Come afferma Cristopher Wild, direttore della IARC: «Lo
scopo delle nostre monografie è produrre le più aggiornate valutazioni
evidence-based affinché le autorità sanitarie pubbliche, a livello nazionale e
internazionale, possano mettere in atto strategie adeguate per limitare le
esposizioni agli agenti cancerogeni». E in questo senso l’OMS, per parte sua,
sta procedendo alla revisione delle linee guida sulla qualità dell’aria.
Ma quando gli si chiede che cosa possono fare gli
individui per tutelarsi, Wild risponde: «I singoli non possono fare molto per
limitare l’esposizione agli agenti inquinanti. Quello che occorre è un’azione
collettiva per la tutela della salute pubblica».
Abbiamo quindi saputo che i limiti fissati dalla
normativa sul PM 2.5 (25 µg/m3) non garantisce la salute delle persone. Il PM2,5
è un particolato fine con diametro inferiore a 2,5 µm (un quarto di centesimo
di millimetro), ed è una polvere toracica, in grado di penetrare profondamente
nei polmoni, specie durante la
respirazione dalla bocca.
Se i singoli
non possono fare molto per tutelarsi, l’azione collettiva dovrebbe, o meglio
deve, predisporre strumenti a tutela della salute del cittadino. Ovviamente la
prima questione riguarda la normativa che deve rispettare i limiti raccomandati
dalla OMS (10 µg/m3), ma poi fare in modo ch ei limiti siano rispettati.
Costruire autostrade a cielo aperto in territori fortemente antropizzati non va in questa direzione, non ci vuole molto a capirlo, sembra impossibile rendersi conto che all’interramento della Rho – Monza e della Milano – Meda a Paderno Dugnano non c’è alternativa. Non basta non peggiorare la situazione operando in modo corretto sulle nuove arterie che si vogliono realizzare, ma bisogna correggere le ferite ereditate dal passato, anche la Milano – Meda così com’è è un costante attentato alla salute dei cittadini, una ferita che deve essere curata.
Interramento e filtraggio dell’aria
per la Rho-Monza
Eliminare ogni forma di inquinamento
come per l'impianto della Leganti Naturali srl
per la Rho-Monza
Eliminare ogni forma di inquinamento
come per l'impianto della Leganti Naturali srl
non è questione
di costi è questione di salute
A presto Cara Terra Mia
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