Da viale Romagna si raggiunge Piazzale Loreto lungo un
rettilineo fino in via Porpora e si svolta a sinistra. Dappertutto cordoni di
repubblichini: militi dietro militi, sempre più fitti, sempre più lugubri. In
Piazzale Loreto una folla sconvolta e sbigottita. Si respira ancora l’odore
acre delle polvere da sparo. I corpi massacrati sono quasi irriconoscibili. I
briganti neri, pallidi, nervosi, torturano il fucile mitragliatore ancora
caldo, parlano ad alta voce, eccitatissimi per aver sparato l’intero caricatore.
Sbarbatelli feroci, vicino a delinquenti della vecchia
guardia avvezzi al sangue e ai massacri, ostentano un atteggiamento di sfida,
volgendo le spalle alle vittime, il ceffo alla folla. Ad un tratto irrompe un
plotone di repubblichini, facendosi largo a spinte, a colpi di calcio di fucile
e andando a schierarsi vicino ai caduti.
“Via via, circolate”, urlano. Spontaneamente il
popolo è accorso verso i suoi morti. Ora la folla, ricacciata, viene premuta
fra i cordoni dei tedeschi e dei fascisti. Urla di donne, fischi, imprecazioni.
“La pagheranno!”
I repubblichini, impauriti, puntano i mitra sulla folla.
Dall’angolo della piazza scorgo lo schieramento fascista
accanto ai nostri morti. Potrei sparare agevolmente se i fascisti aprissero il
fuoco. In quel momento, fendendo la calca, si fa largo una donna: avanza
tranquilla, tenendo alto un mazzo di fiori; raggiunge le prime file, vicino al
cordone dei repubblichini, come se non vedesse le facce livide e sbigottite
degli assassini; percorre adagio gli ultimi passi. Scorgo da lontano quella
scena incredibile, un volto mite incorniciato da capelli bianchi, un mazzo di
fiori che sfila davanti alle canne agitate dei fucili mitragliatori. I fascisti
rimangono annichiliti da quella sfida inerme, dall’improvviso silenzio della
folla. La donna si china, depone i fiori, poi si lascia inghiottire dalla
folla. Comincia così un corteo muto, nato come da un improvviso accordo senza
parole.
Dal libro “SENZA TREGUA” di Giovanni Pesce
A presto Cara Terra Mia
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